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GRUPPO CONSILIARE PROVINCIALE UNITALIA

 


Comunicato stampa: Il censimento etnico mette in luce la solita spregevole situazione: la proporzionale che ne deriverà è assolutamente falsa e deviata matematicamente

 


Mai come in questo momento storico il risultato del censimento etnico dovrebbe essere considerato per esclusivi e meri fini statistici e non assurgere all’inaccettabile ruolo di costituire la famigerata base matematica sulla quale calcolare la percentuale della suddivisione delle assunzioni nel pubblico impiego e quindi per applicare i criteri della proporzionale. Per due ovvie questioni di fondo: la prima è sempre legata alle ragioni di meritocrazia dei singoli candidati che non può essere relegata mai, e per nessuna ragione al mondo, in secondo piano e deve ritornare a costituire, in una provincia che si ritiene civile e anti razzista, l’unico metro di giudizio, di selezione e di scelta nelle assunzioni: non va dimenticato che la conoscenza delle due lingue non costituisce più una discriminante visto che è garantita dall’obbligo del patentino. La seconda è di natura prettamente giuridica; preso atto che esiste un numero considerevole di dichiarazioni nulle, per diversi motivi, e di cittadini non censiti per una percentuale che supera il 10% del totale dei residenti, come può essere considerata valida la proporzione ottenuta se mancano all’appello oltre 50.000 certificazioni? Il diritto di rifiutare ogni forma di auto schedatura etnica, messo in chiara evidenza da migliaia di cittadini, non può scontrarsi con il diritto di altri residenti di ottenere un posto di lavoro, magari negato proprio perché la non completa partecipazione al censimento ha variato la reale consistenza dei gruppi. Questo, per chi ancora ha il coraggio di considerare la proporzionale un dogma assoluto del vangelo autonomista, e quindi non certamente per Unitalia che avrebbe già da tempo abolito la aberrante norma della proporzionale, non può costituire una questione marginale ma deve assurgere al ruolo di questione di fondamentale principio. Infatti, in una società civile e non ancora legata agli inaccettabili principi razziali ed etnici configurati ai tempi dell’apartheid sudafricana, non possono coesistere dei diritti contrastanti in cui i “non dichiarati”, dei quali non conosciamo il gruppo di appartenenza, pongono il risultato finale della proporzione fra i gruppi etnici in una condizione di ovvia ed evidente falsità e costringono dei candidati ad un concorso ad essere esclusi quando magari sarebbero stati assunti se un gruppo di residenti (lo ribadiamo, oltre 50.000) non avesse esercitato, con pieno diritto, il ruolo di obbiettore etnico! Ecco dove sta, per quelli che purtroppo ancora ci credono, il vero nocciole della questione relativa alla corretta applicazione di una norma statutaria scorretta, incivile e fuori da ogni logica europeista in cui la parità dei diritti fra i gruppi etnici è parte fondante di ogni civiltà!



Bolzano, 13 giugno 2012
                                                               

Donato Seppi
UNITALIA




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